GIOVANNI PAOLO II

Su Karol Wojtyla,  molto è stato scritto, e ancora tante pagine saranno dedicate al suo operato. Ma su questo Papa che, di pontificato, ha circa la mia età anagrafica, voglio anche io dire la mia. Eletto nell’ottobre del 1978, ha partecipato, ma sarebbe più giusto dire, ha contribuito a cambiare sicuramente il volto  dell’Europa e dei Paesi dell’Est, oltre che quello del mondo. La cronaca è sulle pagine di tutti i giornali e nelle sue biografie, in queste righe vuole solo emergere un Grazie per essere diventato l’amico di tutti, per avere sofferto con i poveri, per avere vissuto in prima persona patimenti fisici dovuti al suo volere essere uno come noi in mezzo a noi, per avere condiviso le nostre stesse strade, per avere cercato di capire gli altri: gli uguali e i diversi, per essersi avvicinato a  religioni  e popoli  lontani, per avere ascoltato il rock con i giovani. Il suo passo dapprima si è appesantito, poi si è fermato, il suo viso è diventato ancora più assorto e dolente, le sue spalle più ricurve, quasi che su di sé si sia accollato le sofferenze del mondo e queste si siano indelebilmente impresse nel suo  corpo e nel suo sguardo.  Aggrappato al suo pastorale, con passo lento, ma deciso,  ci apre la via alla scoperta dei veri valori della vita, alla solidarietà verso i fratelli.  Anni spesi con Coraggio e con il gusto per le sfide impossibili. “Ecco io vi mando come pecore tra i lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”,  sono  le parole del vangelo che gli sono state di monito.  Questo grande vecchio, quest’uomo senza tempo e senza età,  con saggezza, realismo e lucidità ha traghettato il mondo verso il nuovo millennio, insegnandoci a capire, a donare, a perdonare, ad amare. Ma al di sopra di tutto, Giovanni Paolo II è sempre stato uno di noi in mezzo a noi, ci ha camminato al fianco da padre, amico, maestro. Non celebrazione, nè adulazione in questo scritto, ma testimonianza affettuosa per quest’uomo capace di trasmettere grandi emozioni. Noi messinesi poi siamo legati a lui dal ricordo della sua visita nella nostra città l'11 giugno 1988 per elevare agli onori della santità Suor Eustochia Smeralda Calafato, evento eccezionale perchè in genere le proclamazioni di santità avvengono in San Pietro e non nella città natale degli eletti. Ma questo Papa anche con questo gesto ci ha voluto regalare un atto di amore verso Messina ed i messinesi.

Messina 10.12.1998                                                                                            Massimo Mastronardo

Scritto 01. 04.2005

Credo che l'uomo dovrebbe ogni giorno ricordare il messaggio cristiano che va al di là di facili o difficili bigottismi inventati da qualcuno per creare forme di potere diverse da ciò che Cristo ci ha insegnato...

Credo che tutti dovremmo avvertire la figura del papa come quella di Cristo in terra ogni giorno...

Credo che la nostra vita dovrebbe essere costellata dall'amore contro ogni paura, terrore e timore...

Credo che la fiammella dell'amore dovrebbe essere alimentata dal nostro agire, dalla voglia di dare un piccolo contributo nel nostro quotidiano...

Credo che la più grande preghiera che possiamo mandare in cielo al Santo Padre sia quella di non far morire ciò che lui ha costruito, ma di continuare con perseveranza...

Credo che tutti noi dovremmo avvicinarci di più ai libri che parlino alla cosa più sacra che abbiamo l'anima... dunque al vangelo che è vita, via e strada maestra, leggendolo con grande attenzione, coscienza e consapevolezza del messaggio...

Credo che la più grande meditazione di questa morte dovrebbe girare attorno ad una preghiera insita in una alleanza mondiale fatta di condivisione, passione, spinta emotiva, e fermezza di spirito verso le vere cose della nostra vita...

Credo che valori quali l'amore verso gli altri, l'assenza per la paura della morte ed il sacrificio giornaliero siano le uniche cose che possono sconfiggere l'egoismo sociale e individuale...

Credo che il messaggio cristiano lasciato da Gesù non faccia una grinza e sia molto logico se si riesce a collegare i vari passi del vangelo e delle sue opere... tutto ha un senso e un fulcro originario...

Credo che i 10 comandamenti siano la migliore medicina contro l'egoismo...

Credo che chi vuole salvare la propria vita salvando se stesso la perderà e chi perde la propria vita per donare amore agli altri, offrendo tutto se stesso la ritroverà...

Credo che una lampada senza l'olio non abbia significato di esistere...

Credo che il Papa ci faccia riflettere su tutte questo cose...

Credo nella frase di Cristo..."Non Temete, Non abbiate Paura io sono sempre con voi"

 

IL PAPA E' TORNATO ALLA CASA DEL PADRE ... ORE 21,15 DEL 02 APRILE 2005

scritto 04.04.2005

Karol Wojityla il Papa dell’amore.

Il Papa racchiude il suo pontificato in una sola parole “Amore”. Con questo flusso eterno e perpetuo egli ha cancellato la morte, la paura ed infatti, nonostante la sua dolorosa scomparsa, chi in queste ore si è compenetrato nel suo mandato invece di provare sentimenti di smarrimento e afflizione si è ridestato in una nuova speranza, in quella serenità celestiale che non riusciamo a trovare perché non ci apriamo alle verità dello spirito a causa del nostro contagioso egoismo quotidiano. In questi giorni con la sua presenza divina e cosmica il santo Padre ha avuto il potere di unire il mondo in un'unica preghiera, in una sola comunione con la malta di Dio: l’amore. In questi anni è riuscito con la sua, audacia, pazienza, tenacia, temperanza e fortezza a far camminare a braccetto, i potenti capi delle nazioni, gli atei,  gli ebrei, i protestanti, gli anglicani, i musulmani e gente di ogni razza, costume e credo politico-religioso. I rappresentanti di queste comunità ci saranno tutti al funerale del pontefice e sarà una grande occasione, forse irripetibile per provare a dare inizio a quell’unico popolo di Dio tanto predicato dall’apostolo Paolo. Ecco perché Karol ha lasciato il segno, perché con i suoi semplici, ma efficaci gesti ed il suo spirito genuino, ma sempre deciso ha coinvolto ed abbracciato tutto il mondo e le differenti etnie. Il suo modo così unico di esprimersi fatto di poche parole e di una grandissima comunicazione non verbale ha esemplificato agli uomini parole che nelle varie dottrine umane si perdono in quella sapienza razionale e fredda fatta di sillogismi e parallelismi eclatanti senza Dio. Ha spiegato alle nazioni con quel suo fare così mite e pacifico proprio del Cristo risorto, cos’è il Donarsi, l’offrirsi, l’amarsi gli uni gli altri; ed in quel Dio vivente che è Padre di tutti i popoli e nel Regno Di Dio, ovvero il regno dei cieli, ha fatto riconoscere ogni uomo. Giovanni Paolo II, l’apostolo di Dio del nuovo millennio, definito da tutti come “Il grande” è il santo dell’umiltà, della carità e proprio quest’ultima sarebbe stata il tema centrale della nuova enciclica da comunicare alle genti. Il Papa ci ha ricordato che chi tende la propria vita verso il povero, il malato, l’umiliato, il diseredato e l’oppresso l’allunga, come gesto d’amore, a Cristo stesso. Questo grande spirito polacco in tonaca bianca ha ricordato a chi ogni giorno perso nel suo tempo lo dimentica, che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Karol Wojityla però era soprattutto il Papa dei giovani, e diceva sempre “Non abbiate paura, non temete, Cristo, colui che ha vinto il mondo e la morte è sempre con voi! Adesso mentre il Papa ci lascia, ma solo su questa terra, in quel suo sguardo sempre sereno sdraiato sul lettino all’interno della Basilica di S.Pietro, ci ricorda qualcosa che avrebbe voluto portare a termine, farci capire cosa rappresenta davvero la carità: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi la carità sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi gioverebbe. La carità è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si compiace della verità. Tutto crede, tutto spera, tutto sopporta"


COGNOMI  COMUNI  di  PERSONA

 Segno e simbolo distintivo di una famiglia o di una “gens”, come dicevano i latini, i cognomi  racchiudono origini e significazioni  spesso ai  più sconosciuti.  Mi sono allora chiesto quali fossero i cognomi messinesi più antichi e quale fosse la loro origine e la loro derivazione, ecco che cosa  ne è venuto fuori:

ABATE:  famiglia di origine palermitana si trova a Messina sin dall’’800.

ADAMO:  di origine lombarda si trova in Sicilia già dal ‘200.

BARRILE:  di origine napoletana, il cognome arriva in Sicilia nel 1500. Si trova dapprima a Caltanissetta e quindi si allarga anche a Messina, dove trova diffusione.  I progenitori erano Baroni.

BATTAGLIA:   nel ‘700 il cognome apparteneva a Baroni  di Ragusa e Palermo.

BONANNO:   derivato da famiglia pisana venuta in Palermo nella seconda metà del ‘700, si differenzia in vari rami secondo le province siciliane dove attecchisce. Diventa nome diffuso nel messinese grazie a principi  e baroni.

BRUNO: tutto siciliano il cognome Bruno, proveniente da Salemi

BUSACCA:   erano marchesi provenienti dalla Francia, passati  in Messina nel ‘400 e qui stanziati.

CANNIZZARO: di origine spagnola, arrivano in Sicilia nel ‘200.

CARROZZA:   marchesi di origine spagnola, si trovano a Messina fin dal ‘600

CESAREO:   famiglia veronese, venuta in Sicilia nel ‘200.

COGLITORE:     da Palermo la famiglia si è trasferita a Messina, dove ha posseduto feudi fin dal ‘400.

COSTARELLI:  famiglia di Acireale del l’’800.

CURRO’:  come la fam. Costarelli proveniente da Acireale nel l’’800.

DEODATO:   famiglia di  Villarosa, erano di origine nobiliare probabilmente baroni.

GRECO:  famiglia nota sin dal ‘600, molto diffusa a  Messina e provincia.

MAIORANA:   famiglia originaria della Calabria, se ne trovano tracce a Messina sin dal ‘300.

MARTINO:   famiglia originaria della Catalogna, o della Guascogna, venuta in Sicilia nel ‘300, sicuramente nobili: principi e marchesi.

MARULLO:   la famiglia fiorisce a Messina fin da epoca  normanna. come principi.

MAZZEO:  famiglia nota a Messina fin dal ‘500.

MUNDO:   baroni di Margi,  dimorano a Messina fin dal ‘500.

PAGANO:    originari del napoletano, si ritrova a Messina fin dal ‘500.

PARISI:  sicuramente di origine francese, arrivata in Sicilia con i Normanni.

PATTI:  famiglia messinese già fiorente sotto Federico II.

PICCOLO:  originaria di  Naso fin dal ‘600.

RICCA:  di origine napoletana, arrivò in Sicilia nel ‘300.

ROMEO:     si crede che questa famiglia sia originaria della Sassonia o della Catalogna e sia arrivata a Messina sin dal ‘300.

STAGNO:  famiglia nobile messinese, principi di Alcontres. Originari della Spagna, sicuramente a Messina prima del ‘400.

TODARO:  famiglia originaria di Monte S. Giuliano, le sue origini si trovano sin dal ‘600.

VITALE:   famiglia messinese le cui tracce risalgono al ‘400.

      Questo l’elenco dei cognomi  di famiglie messinesi  risalenti ad epoche passate, ma ogni cittadino di questa città deve sentirsi onorato e fiero del cognome che porta a prescindere dalla sua origine e dalla sua  antichità perché è pur sempre  segno distintivo dell’appartenenza ad una “gens” orgogliosa e fiera.

 


A Messina non solo Calcio

Preminente in tutti gli sportivi messinesi o pseudo tali è parlare dalla domenica alla domenica successiva di quella che è la loro grande passione, cioè il Calcio. Ma a Messina praticare attività sportive significa soprattutto frequentare palestre che nella nostra città godono sicuramente di buona nomina e che curano vari settori dello sport. Grande e forte realtà sul territorio è la vasta gamma di attività sportive offerte dal CUS (Centro Universitario Sportivo) Messina che gestisce anche gran parte delle strutture sportive del comune. Non inganni la parola universitario perché se questa associazione polisportiva è aperta principalmente agli studenti universitari  non preclude la sua utilizzazione fruizione non solo  agli aspiranti studenti universitari, ma anche a quanti, cittadini messinesi e non, hanno voglia di avere un “corpore sano”, a tutti coloro che amano lo sport anche se esercitano mestieri, professioni o studi slegati dal mondo universitario.  La sede principale si trova sul Viale Regina Elena al n. 125 e risponde al seguente numero di telefono 090-42575. Per chi ama la navigazione in internet per saperne di più può visitare il sito www.cusmessina.it e scrivere alla seguente casella elettronica info@cusmessina.it .

Nella palestra di Viale Regina Elena può essere praticata l’attività motoria di base, il potenziamento fisico, lo judo, il Karate, la lotta, lo step, l’aerobica, la danza moderna e la ginnastica generale. Al Palazzetto di Conca d’Oro dell’Annunziata si pratica mini volley, mini basket, pallacanestro. Altra struttura è quella del Campo dell’arsenale dove si svolgono le attività che riguardano il calcio, l’hockey e il glorioso rugby. Nella contrada Conca d’Oro vi è anche un bellissimo Stadio di baseball, definito dagli addetti ai lavori “impianto fantastico ed eccezionale” apprezzato anche dal presidente della commissione tecnica internazionale baseball della Fisu, Richard Naylor, in visita a Messina per mettere a punto il torneo mondiale universitario di questo sport che si svolgerà proprio  nella città dello Stretto nel mese di  agosto.  Oltre le proprie strutture il CUS mette a disposizione dei propri iscritti degli impianti che ha in uso come quello del Complesso Cappuccini per atletica leggera, nuoto e pallamano; quello della Palestra Juvara per pallacanestro e pallavolo; quello della Palestra Montepiselli per la pallamano; quello dei Campi di Sci di Linguaglossa per lo sci alpino; la Palestra di Villa Dante per il tennistavolo; quello della Piscina Comunale “San Martino” per il nuoto preagonistico. Ma quello che adesso si aspetta è che vengono collaudate e finalmente date in gestione le nuove opere site nella cittadella universitaria all’Annunziata  che sono le Residenze Sportive e il Teatro.


ADMO

     L’importanza del donare come scelta spontanea. Quante volte le cronache riportano notizie di grandi e piccoli che hanno bisogno  di trasfusioni di midollo a causa della leucemia. Nella sola Italia circa un migliaio di persone ogni anno, di cui quasi la metà bambini, potrebbero guarire con il semplice gesto della donazione del midollo osseo. I malati hanno bisogno di trovare un donatore “compatibile” . Questo liquido vitale  ha una serie di codici molto più complessa di quanto si possa immaginare, ed ognuno di noi ha dei gemelli di codici quantificabili sulle dite di una mano. Il midollo prelevato si ricostituisce nell'arco di due settimane circa, senza alcun problema per il donatore. Ricordiamo che il midollo osseo non è il midollo spinale, esso svolge la funzione di produrre i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine. Quante persone moriranno senza un nostro semplice gesto di altruismo, ma fortunatamente ci sono i donatori iscritti all’ADMO tra i quali ci sarà qualcuno con identico midollo che potrà salvare la vita di un suo simile. Diventare donatori di midollo osseo è semplicissimo e per fare questo bisogna essere in buona salute. Per prima cosa occorre sottoporsi al prelievo di un campione di sangue (come per una normale analisi), se tutto va bene occorre firmare l'adesione al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo. I risultati delle analisi vengono poi inseriti in un archivio elettronico gestito a livello regionale e a livello nazionale. Bisogna comprendere quanto sia importante e fondamentale iscriversi, perchè qualcuno potrebbe trovarsi in difficoltà e noi nel nostro piccolo, con un semplice gesto, possiamo permettergli di proiettarsi di nuovo con fiducia al futuro. Un semplice gesto che tutti dovrebbero fare se si vuole dare il giusto valore alla vita, e come dice un detto ebraico: “chi salva una vita salva il mondo intero”.  Donare il midollo non presenta nessun tipo di rischio.  Forse si è ancora poco informati su questo tipo di donazione, ma ricordiamoci che gli altri siamo noi. La nostra grandezza risiede nel continuo aiuto reciproco, non per  essere acclamati come super eroi, non  per avere fama e soldi, ma solo per la voglia spontanea di aiutare chi verso di noi la sua mano tenderà. A Messina l’ADMO si trova presso l’Azienda Ospedaliera “Papardo”  in C.da Papardo al seguente numero di telefono tel. 090 3992417 – 2420, la responsabile è la Sig.ra Anna Maria Bonanno. L’Immancabile sito per avere notizie più dettagliate è www.admo.it  


COPPA "CESARE LO FORTE"

 Torneo Internazionale di Basket Maschile

            Fa parte del ferragosto messinese (a fasi alterne, tra ricordo ed oblio)  anche una prestigiosa manifestazione sportiva, la coppa “Cesare Lo Forte”.

Messina aveva conosciuto negli anni ’50-’60 il grande basket internazionale  con la Coppa “Cesare Lo Forte” che aveva appassionato sia gli addetti ai lavori, che i  semplici cittadini, specie per una intera generazione di giovani  che allora avevano 18 anni o giù di lì.  Ma chi era Cesare Lo Forte, lo ricordiamo ai pochi che ne hanno perduto la memoria. Egli fu uno dei tanti valorosi ed eroici messinesi  che hanno immolato la propria vita durante il conflitto mondiale, ma prima di essere soldato questo indimenticabile giovane era stato cestista tra i più bravi della pallacanestro peloritana di quel tempo. E ricordando lui nel dopoguerra nacque questa gloriosa manifestazione che  si svolgeva nel cortile interno del Municipio fino a tutti gli anni ’60. L’albo d’oro di questo  torneo è ricco  e nutrito di nomi e personaggi famosi,  di grandi squadre nazionali ed internazionali. Nel 2001 questa gloriosa manifestazione è tornata in riva allo Stretto nella modernissima e stupenda struttura del Palasanfilippo. Speriamo che come al solito in questa città non sia solo una breve parentesi.

 


Messina giovedì 26 giugno 2008

Domenica 29 giugno si festeggia San Pietro, il Santo più autentico, più fragile ed umano della storia. Potremmo definirlo quello più simile a noi

San Pietro fù nominato il primo tra i discepoli perché era, tra tutti, il più umano e cioè quello che oseremo definire il più vicino a tutti noi. Kefa, che in aramaico significa roccia, venne chiamato così dal Cristo nonostante nel Vangelo vengono riportate e sottolineate tutte le sue debolezze, le sue fagilità, le sue emotività, i suoi dubbi e le sue ire. Ma venne chiamato anche, Pescatore di uomini, per i suoi impeti d'amore, per il suo sapersi disporre in maniera unica allo Spirito Santo e alla Parola di Dio, come quando Gesù disse: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l`hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Ecco perché il Nazareno scelse proprio lui, perché Pietro era il più vero e il più umano cioè colui il quale rappresentava meglio di tutti gli altri la totalità dell'essere uomo, infatti, Simone (altro nome di Pietro che significa l'ascoltatore), come facciamo spesso noi, tradì il suo Maestro tre volte, non pregò e non diede nessun sostegno a Cristo nell'orto degli ulivi durante la passione, facendosi sopraffare e vincere dal sonno e dalla stanchezza umana, nel momento di maggiore sofferenza e dolore di nostro Signore, in un altro frangente preso dall'ira taglio l'orecchio a Malco per difendere Gesù dai soldati del Sinedrio, in un'altra circostanza fu chiamato da Gesù addirittura Satana ed infine mostrò anche il suo essere dubbioso e pieno di insicurezze: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Appena Saliti sulla barca il vento cessò.
Kefa era diverso dal resto dei discepoli, era spesso in errore, ma allo stesso tempo era anche prontissimo ad essere il più vicino tra i 12 a Gesù; era anche vero che lo aveva rinnegato ma si era così pentito di quel gesto, era così innamorato del Cristo, che pianse amaramente ; ed è anche vero che il Signore lo rimproverava continuamente, ma solo perché, conoscendolo intimamente come nessun altro, sapeva di trarre in lui il meglio che c'era in circolazione tra gli uomini, infatti, Simone detto Pietro lo ripeteva all'infinito al Nazareno quel "Io ti amo" e lo sottolineava con orgoglio e fede viva quel: - "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. Noi abbiamo conosciuto e creduto che tu sei il Santo di Dio". Simone esprimeva il sentire di queste frasi con tutto sé stesso e questo il Figlio di Dio lo sapeva molto bene tant'è che un giorno, dopo la resurrezione apparendo a Pietro disse:
“Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”. Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”.  Ho voluto parlavi di Pietro, anzi di Kefa=Roccia perché tutti noi abbiamo in lui un esempio per entrare nel Regno dei Cieli, per raggiungere la Signoria di Dio. Gesù diceva che non è immolando animali e seguendo in maniera vuota la legge che saliremo in Cielo, ma è con il cuore, con l'amore verso Dio e il Prossimo, cioè offrendo interamente noi stessi che meriteremo la Gerusalemme Santa.
 

pubblicato sul blog http://massimomastronardo.blogspot.com/ 

 

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