Nella storia del nostro complicato paese mai si era visto tanto interesse
nei confronti di una pubblicazione “Le rane nello stagno in Boncompagno
Boncompagni”, che ha visto tornare da un passato ormai dimenticato, il
maestro Boncompagno Boncompagni. Primo direttore della Scuola Consorziale
di Disegno poi diventato Istituto d’Arte per la Ceramica di S. Stefano di
Camastra. Quanto emerso dalle numerose testimonianze, contenute nel libro,
non ha placato gli animi, nei confronti di un passato per certi versi scomodo.
L’oggetto in discussione non è più il dato di fatto, provato e confutato che
Pagno fu il primo direttore a dirigere, (verità sino a oggi ai molti del tutto
sconosciuta) ma del fatto che non aveva i titoli, per continuare a esserlo.
Nessuno qui, né la sottoscritta autrice, né l’ideatore del progetto editoriale, il
maestro Concetto Tamburello, si è mai posto questo quesito, irrilevante nel
delineare la figura umana e artistica del maestro. Anche perché, come già agli
atti della pubblicazione, questa è un’altra storia che spero qualcuno scriva
esaurientemente, senza dimenticare pregi e ombre.
Solo una precisazione, doverosa, per dovere di cronaca cui ogni giornalista
deve attenersi. Il maestro Boncompagno è stato un uomo nobile,
completamente estraneo a qualsiasi desiderio carri-eristico, e opportunismo,
vittima di soprusi burocratici e di forma. Era solo dedito all’insegnamento e
all’amore del dono, quello di trasferire ai suoi allievi che ancora lo ricordano,
l’amore per l’arte della ceramica. Nella storia della società, le azioni degli
uomini votati al successo, non sono di difficile comprensione, serve scaltrezza,
furbizia e qualche santo in paradiso. Nel paese Italia dove la raccomandazione
è cosa nostra, è fatto usuale e valore condiviso. A quei tempi nessuno degli
insegnanti dell’istituto, al pari di Boncompagno aveva i titoli per proseguire
la carriera. Tutti furono allora invitati a munirsi del prezioso titolo di Maestro
d’Arte, tranne Boncompagno. Perché? Da giornalista mi sono sempre posta
questa domanda. Tutti in paese sembrano sapere la verità, ma continuano
a gettare ombre, non sulle norme dell’esclusione, che sarebbe interessante
dipanare, ma le chiacchiere vanno ancora a colpire la memoria del maestro
fiorentino. Non contano assolutamente i valori quali, l’onestà, la capacità
tecnica di fare ceramica, il metodo pedagogico d’insegnamento. Sia ben inteso
che a nessuno qui è chiesto di riconoscersi in tali valori, ma giudicarli con
disprezzo e derisione no, questo non può e non deve essere accettato. C’è
una sintassi, come bene esplicita Claudio Magris del Corriere della Sera, della
violenza e dell’oblio nei confronti di chi vive nell’ombra e non alla ribalta della
Storia, che dovrebbe farci riflettere. E‘ su questa sintassi dell’esclusione che
dobbiamo dedicare la nostra attenzione. E su questo che nel testo di Pagno ci
si concentra. Sull’uomo e sull’uomo artista escluso.
Oppure come mi si suggerisce, è solo questione di invidia. Peccato più che
capitale nelle dimensioni ristrette di uno stagno!

Flora Tumminello