Il Mondo di Tano
Cimarosa
50 Anni di Cinema Italiano
PUBBLICATO IL 25/09/2006
Ci fu un tempo in cui il cinema italiano pullulava d’una particolare
categoria attoriale: i caratteristi.
Spesso ignorati o maltrattati dalla critica più engagé, questi
personaggi minori, “scamiciati”, defilati – non raramente
linguisticamente penalizzati con fugacissimi primi piani e più
spesso ripresi in campo medio o in piano americano – riuscivano a
dare al film quel senso di compiutezza, di raggiunta completezza,
altrimenti mancante. E fu quello un cinema, in rapporto a quel che
sarebbe venuto successivamente, davvero grande.
Venne poi il tempo in cui apparentemente lo stesso cinema, in realtà
profondamente modificato, compì un vero e proprio genocidio
silenzioso, una sorta di strage degli innocenti: la strage
dei caratteristi.
E fu quello un cinema davvero piccolo.
Certamente un rapporto cosi meccanicistico, semplicistico, di
causa-effetto tra presenza di caratteristi uguale grande cinema ed
assenza di caratteristi uguale piccolo cinema è del tutto
improponibile.
Le cause sono probabilmente da ricercarsi nel radicale mutamento
dell’estetica della visione, nella sempre più deleterea influenza
del piattume-pattume televisivo, nello sconvolgimento del gusto del
pubblico, talché oggi a mala pena caratteristi baluginano negli
sciapi epigoni della commedia all’italiana o incredibilmente
emergono promossi (sopratutto dal piccolo schermo) al ruolo di
“protagonisti”.
E come spesso (o forse sempre) accade l’antiquariato – divenuto nel
frattempo appunto rarità, oggetto di cult – inevitabilmente tende a
calamitare l’attenzione di studiosi, estimatori, critici, sicché
proprio negli ultimi anni timidamente ha cominciato a farsi strada
nella letteratura e nella saggistica cinematografica la
consapevolezza del ruolo svolto dai caratteristi all’interno
dell’opera filmica e del cinema nazionale.
Ed è in questa “rinascenza” letteraria e saggistica che s’inserisce
la bella monografia sul messinese Tano Cimarosa –
grande “caratterista” del cinema italiano (ma presto “promosso”
attore sul campo, “puparo”, teatrante, autore di testi teatrali,
musiche e canzoni) – scritta dall’agguerrita soggettista e
sceneggiatrice Luigia Miniucchi (L. Miniucchi, Il mondo di
Tano Cimarosa.50 anni di cinema italiano, By Bess Edizioni, 2006, pp.160,
€ 12,00), presentata lo scorso 20 settembre al cinema
“Scipione-Azzurro” di Roma gestito dal regista
Silvano Agosti – a cui la Miniucchi (laureata in “Storia e
Critica del Cinema”, presso l’università “La Sapienza” di Roma) ha
dedicato qualche anno fa la tesi di laurea – nel corso di una serata
animata da critici, attori, registi, costumisti, doppiatori e dallo
stesso “oggetto” della ricerca Tano Cimarosa, intervistato
dall’attore catanese Gilberto Idonea.
Disobbedendo
alla regola ferrea d’allontanare dal cuore l’oggetto dell’analisi
per trattarlo più con Stanislaviskj che con Diderot, Luigia
Miniucchi (impegnata anche nell’insegnamento della scrittura
creativa) accosta la ricerca attingendo direttamente alle fonti
orali con interviste a Cimarosa, ai registi Damiano Damiani e Alfio
Caltabiano, agli amici vecchi e nuovi dell’ottantatreenne siciliano
e senza rinunciare alla scientificità dell’impianto di fondo (prova
ne sia il dotto apparato delle note) dipinge con la
monografia-intervista un’immagine a tutto tondo della vita e
dell’arte dell’attore di Messina.
E per far questo penetra nell’universo “puparo” del giovanissimo
Cimarosa (novello “Cardello”, il personaggio della novella di Luigi
Capuana, bimbo innamorato dei pupi, dalla quale nel 1956 Hugo
Fregonese ha tratto l’obliato "I girovaghi", con Peter Ustinov),
diventa un’esperta di pupi siciliani, ricostruisce minuziosamente
ogni passaggio della vita di Cimarosa, l’infanzia e la giovinezza
trascorse nella città dello stretto, le esperienze teatrali, la vita
poverissima e randagia della sua stessa famiglia di pupari, quella
grande scuola d’arte e di vita, da cui sono passati i maggiori
teatranti siciliani a partire dall’inarrivabile Giovanni Grasso sr.
(definito “il più grande tragico del mondo”), fino a giungere ai
primi timidi incominciamenti nel cinema, all’incontro con
Damiano Damiani (suo regista fetisch, con il quale ha
girato cinque film, tra cui "Il giorno della civetta",
1968, di Sciascia, in cui interpreta il celeberrimo personaggio di
“Zecchinetta”, killer straccione della mafia) e prima ancora, per
citare solo i principali: Castellani ("Mare
matto", 1963 e "Questi fantasmi", 1967),
Comencini ("Tre notti d’amore",
1964), Risi ("I nostri mariti",
1966), quindi Loy ("Detenuto in attesa di
giudizio", 1971 e "Cafè Express", 1980),
Zampa ( "Il medico della mutua",
1968 e "Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe
compaesana illibata", 1971), Scola ("Il
commissario Pepe", 1969), Brusati ("Pane
e cioccolata", 1974), Tornatore ("Nuovo
cinema Paradiso", 1988; "Una pura formalità",
1994 e "L’uomo delle stelle", 1995); e ancora
l’amicizia con Sordi, Manfredi
(con cui gira anche "Per grazia ricevuta",
1971),
Franchi e Ingrassia e con decine e decine d’attori
di cui il libro da contezza attraverso il ricco apparato
iconografico.
Fino ad arrivare al “Tano di oggi” ed alla splendida intervista
finale in cui lo stesso protagonista – preziosissimo reperto di
autostoria orale, ora fortunatamente oggettivata nell’agile e
stringata scrittura della Miniucchi – racconta se stesso e dona al
lettore non soltanto gli episodi di vita vissuta, le emozioni, gli
aneddoti, i pezzi di storia sprofondata, ma perfino una sorta di
specchio dell’anima, di autoconfessione, che rappresenta per i
critici, gli studiosi e gli storici del cinema la fonte più preziosa
d’ogni ricerca.
La copiosa filmografia – dove vengono analiticamente elencati con
scrupolo filologico circa settanta film, che
costituisce la più completa ricostruzione della carriera filmica di
Cimarosa oggi esistente in Italia (compresi i tre film scritti e
diretti dallo stesso Cimarosa) sebbene l’autrice non abbia voluto
aggiungere (per mancanza di dati completi) un’altra ventina di opere
– chiude un testo imprescindibile (è l’unica monografia esistente)
per chiunque voglia accostarsi al mondo di Tano Cimarosa.
Leggendo il libro della Miniucchi vien voglia di rivedere i film
interpretati dal messinese, per verificare cum grano salis
come Cimarosa si sia presto liberato dai ruoli canonici in cui
spesso il cinema da caratterista lo ha “imprigionato” per passare a
quelli d’attore, perfino quando il copione imponeva una soffocante
caratterialità, blasone del resto già ampiamente conferitogli da
grandi registi, dalla pubblicistica e da quello stesso cinema
italiano di cui egli è stato una delle ricchezze.
Franco La Magna